Glossario

Il "Glossario delle disuguaglianze sociali" mira a realizzare una raccolta di voci specificamente dedicate alla problematica delle disuguaglianze economiche e sociali, nella prospettiva di uno strumento di conoscenza e di informazione di base, durevole e continuativo. Le voci presenti sul portale - curate da professori, ricercatori ed esperti sui temi di interesse del Glossario - rappresentano il solido inizio di un progetto sempre attivo e in continua espansione. Pertanto, se pensi che sia ancora assente nel Glossario qualche argomento di rilevo nello studio delle disuguaglianze sociali, non esitare a segnalarcelo (glossario@fondazionegorrieri.it).

Disoccupazione

Scritto da: Teresa Barbieri

 

Definizione

John Maynard Keynes utilizzava il termine disoccupazione per descrivere la situazione in cui vi sono lavoratori disponibili ad accettare un’occupazione al salario corrente, ma le imprese non possono occuparli a causa di una carenza di domanda di beni e servizi. Questa tipologia di disoccupazione viene detta anche involontaria per differenziarla da quella volontaria che si configura, invece, quando i lavoratori non accettano un salario pari alla produttività marginale del proprio lavoro. I fenomeni di disoccupazione che affliggono molte economie e paesi sono di natura involontaria e rappresentano un fallimento del mercato poiché comportano perdite sia di efficienza sia di equità (Acocella, 2018). Dal punto di viste dell’efficienza, la disoccupazione comporta il depauperamento nel tempo di competenze e abilità dei lavoratori, incrementando, al perdurare del periodo di disoccupazione, anche le probabilità dei disoccupati di rimanere emarginati dal mercato del lavoro (Pissarides, 1992). Per quel che concerne gli aspetti relativi all’equità, la disoccupazione porta all’esacerbarsi delle disuguaglianze economiche e può dunque alimentare ed esasperare problematiche e conflitti sociali.

La disoccupazione, da qui in avanti intesa come involontaria, può anche essere classificata in base alla prospettiva temporale di riferimento. Associata a fluttuazioni di breve periodo è la disoccupazione ciclica: in fase di recessione economica diminuisce la produzione e quindi aumentano i disoccupati, l’opposto accade in fase di espansione. La disoccupazione frizionale può essere invece sia di breve che di lungo periodo e nasce perché un lavoratore può impiegare un certo periodo di tempo per trovare una nuova occupazione. L’incontro tra lavoratore e posto di lavoro vacante non è, infatti, immediato a causa dei tempi fisiologici di ricerca e selezione per i datori di lavoro e di ricerca ed accettazione per i lavoratori. I tempi necessari al matching tra lavoratore e posto vacante disponibile possono essere allungati da inefficienze del mercato del lavoro come, ad esempio, carenze informative e inadeguatezza delle qualifiche dei lavoratori rispetto a quelle richieste dalle imprese. È di lungo periodo, invece, la disoccupazione strutturale, così chiamata perché si presenta a causa di alcune caratteristiche della struttura produttiva dell’economia che fanno sì che l’offerta di lavoro sia superiore alla domanda. In particolare, a mantenere il salario a un livello superiore a quello di equilibrio possono essere le leggi sul salario minimo, il ruolo dei sindacati e i salari di efficienza corrisposti per incentivare la produttività dei lavoratori.

 

Come misurare la disoccupazione

Per poter misurare empiricamente il fenomeno della disoccupazione, e poterlo confrontare nel tempo e nello spazio, è necessario fornire una definizione di disoccupazione. In Italia è l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) che si occupa di misurare la disoccupazione e a tal scopo si avvale dei dati rilevati tramite la Rilevazione trimestrale sulle forze lavoro. L’ISTAT definisce disoccupato colui o colei che in età lavorativa (tra i 15 e i 74 anni) al momento dell’intervista soddisfa contemporaneamente le seguenti 3 condizioni: non avere occupazione; essere disponibile a occupare un posto di lavoro entro 2 settimane; aver cercato in modo attivo un’occupazione nei 30 giorni precedenti oppure aver trovato un lavoro che inizia entro 3 mesi. Gli occupati sono invece coloro che al momento dell’intervista hanno un lavoro retribuito e, insieme ai disoccupati, contribuiscono a formare le forze di lavoro. Non fanno parte di quest’ultime gli inattivi, ossia coloro che non sono né occupati né in cerca di occupazione.  Tra gli inattivi si hanno categorie di individui come casalinghe, pensionati, studenti ma anche i cosiddetti lavoratori scoraggiati, ossia quegli individui che vorrebbero lavorare ma hanno smesso di cercare impiego.

Una delle statistiche di base utilizzate per poter misurare il fenomeno della disoccupazione è il tasso di disoccupazione che misura la percentuale delle forze di lavoro disoccupata. In particolare, il tasso di disoccupazione si ottiene dividendo il numero di disoccupati per il totale delle forze di lavoro.

 

Problemi di misurazione

Questa misura viene spesso ritenuta non in grado di misurare il “vero” livello della disoccupazione perché molti disoccupati rimangono “nascosti”. Appare evidente infatti come i lavoratori scoraggiati, non facendo parte delle forze di lavoro, non rientrano nel computo del tasso di disoccupazione. Un tasso di disoccupazione invariato nel tempo potrebbe dunque nascondere un incremento di individui che, sebbene disposti a lavorare, escono dalle forze di lavoro perché non credono vi siano posti di lavoro disponibili per loro.

Un’altra problematica di rilievo nella misurazione del fenomeno della disoccupazione è rappresentata dalla presenza dei cosiddetti lavoratori part-time involontari, ossia individui che sarebbero disposti a lavorare a tempo pieno ma sono costretti ad accontentarsi di un orario ridotto. Questi individui vengono conteggiati tra gli occupati, sebbene siano in realtà “sotto–occupati”. A complicare ancora di più la misurazione della disoccupazione è la presenza non solo di disoccupati, ma anche di occupati “nascosti” perché impegnati in occupazioni non regolari o illegali.

 

Riferimenti bibliografici

  • Acocella N. (2018), Politica economica e strategie aziendali, Roma, Carocci.
  • Pissarides C.A. (1992), “Loss of skill during unemployment and the persistence of employment shocks”, The Quarterly Journal of Economics, 107(4), 1371-1391.

 

Suggerimenti di lettura

  • Borjas, G. J. (2013), Labour economics, New York, Mcgraw-hill.
  • Wolf, E. N. (2009), Poverty and Income distribution, Oxford, Wiley-Blackwell
Teresa Barbieri
Teresa Barbieri è un’assegnista di ricerca presso la Sapienza Università di Roma. Si occupa principalmente dello studio delle disuguaglianze economiche.

Progetto realizzato da

Fondazione Ermanno Gorrieri per gli studi sociali

Con il contributo di

Fondazione Cassa di Risparmio di Modena