Glossario

Il "Glossario delle disuguaglianze sociali" mira a realizzare una raccolta di voci specificamente dedicate alla problematica delle disuguaglianze economiche e sociali, nella prospettiva di uno strumento di conoscenza e di informazione di base, durevole e continuativo. Le voci presenti sul portale - curate da professori, ricercatori ed esperti sui temi di interesse del Glossario - rappresentano il solido inizio di un progetto sempre attivo e in continua espansione. Pertanto, se pensi che sia ancora assente nel Glossario qualche argomento di rilevo nello studio delle disuguaglianze sociali, non esitare a segnalarcelo (glossario@fondazionegorrieri.it).

Welfare contrattuale

Scritto da: Sergio Spiller

 

Definizione

Sono molte le aziende che nel corso degli ultimi 4-5 anni si sono dotate di un sistema di welfare contrattuale. Tali iniziative hanno avuto grande riscontro da parte dei media sia per la molteplicità dei servizi offerti, in grado di rispondere ad un’ampia di bisogni delle persone, sia per il livello di gradimento che tali iniziative hanno trovato fra i lavoratori.

Una definizione generale del welfare contrattuale può essere riassunta con la dicitura: servizi, prestazioni e benefit non monetari messi a disposizione dalle aziende a vantaggio dei propri dipendenti e, in alcuni casi, anche dei loro familiari.

Anche se apparentemente sembra consistere in una modalità nuova di regolare alcune tipologie del rapporto fra l’impresa e i propri dipendenti, il ricorso all’erogazione di vari tipi di servizi ha una storia lunga.

 

L'evoluzione nel tempo

Nell’Ottocento molte e significative aziende (Crespi, Lanificio Rossi, Marzotto) adottarono una serie di iniziative che gli storici hanno poi chiamato “Paternalismo industriale” che si concretizzava con la messa a disposizione, a costi vantaggiosi per i lavoratori, di una serie di servizi (case operaie, dormitori, asili, cooperative di consumo, dopolavori). Nel Novecento Adriano Olivetti recuperò in senso più moderno e meno paternalista tale esperienza.

Nel corso del '900 progressivamente tali iniziative di tipo sociale e paternalistico si esaurirono per effetto dello sviluppo economico sostenuto che permise alle singole persone di rispondere, con il proprio reddito, ai bisogni fondamentali, per il sistema di prestazioni garantito alla generalità delle persone dal sistema di welfare pubblico ma anche per la critica serrata verso tali forme di intervento che erano viste come una modalità con cui veniva perpetuata la dipendenza dei lavoratori dai loro padroni.

Non sparì però l’esigenza di garantire alcune forme di solidarietà e di sostegno collettivo alle persone.  Sorsero così in molte aziende, nella maggioranza dei casi in modo volontaristico e solidaristico ma in alcuni casi con l’intervento economico dell’impresa, “Casse di solidarietà” per rispondere a situazioni particolari o per gestire veri e propri servizi (significativa l’esperienza delle mutue aziendali).

Negli ultimi decenni, con la globalizzazione e i suoi effetti economici e la mutata dinamica demografica, l’equilibrio economico e sociale che aveva permesso la creazione di un articolato sistema di welfare state è andato in crisi e ha determinato la riduzione delle prestazioni offerte alle persone, in particolare le prestazioni pensionistiche e sanitarie. Inoltre, la crisi economica e la globalizzazione mentre riducevano il reddito disponibile per i lavoratori imponevano alle imprese una sempre maggiore attenzione al controllo dei costi.

In questo contesto è emersa l’esigenza di trovare soluzioni innovative per non ridurre le prestazioni di welfare e per garantire, specie sul tema della previdenza e della sanità, prestazioni in linea con i bisogni delle persone che diventavano non solo crescenti ma anche profondamente differenziati.

La prima forma di welfare contrattuale integrativo è stata attivata, a partire dalla fine degli anni '90 del secolo scorso, attraverso la costituzione dei fondi contrattuali di previdenza integrativa con contribuzione bilaterale da parte di lavoratori e imprese e con l’istituzione di fondi bilaterali per il sostegno al reddito delle aziende prive di cassa integrazione.

In un secondo momento e in modo molto differenziato fra i settori cominciarono ad essere definiti accordi per la costituzione di casse sanitarie integrative. Questi interventi, che avevano l’obiettivo di garantire una qualche forma di universalità delle prestazioni, avevano alcuni grandi limiti: la volontarietà dell’adesione e, specie per quel che riguarda la sanità integrativa, il fatto che non tutti i contratti, specialmente quelli dei settori meno ricchi, si erano dotati di tali tipi di fondi. Inoltre, non erano in grado di rispondevano ai bisogni specifici delle persone e delle singole realtà territoriali e non davano risposte al problema dell’insufficienza del reddito. Il tema dell’insufficienza del reddito è reso particolarmente problematico e di difficile soluzione in termini puramente monetari anche per l’ampio cuneo fiscale esistente fra i costi che l’azienda deve sopportare e il risultato netto che arriva ai lavoratori.

Fu a partire da queste problematiche che alcune aziende cominciarono a ragionare sugli spazi e le opportunità fiscali che erano rese disponibili dall’applicazione articolata del TUIR (Testo Unico Imposta sui Redditi) e che rendevano possibile fornire servizi ai lavoratori ed eliminare o ridurre il cuneo fiscale.

Alcune aziende cominciarono così a predisporre un piano di servizi a vantaggio dei lavoratori definito come welfare aziendale. In quella prima fase (fino al 2014) i vantaggi fiscali erano previsti solo di fronte ad erogazioni unilaterali da parte delle aziende per cui non per tutti i piani di welfare possono essere definiti come welfare contrattuale anche se alcune aziende concordarono comunque la tipologia dei servizi da erogare. Con la legge di stabilità per il 2015 si stabilì la piena utilizzabilità dei vantaggi fiscali anche per i servizi erogati a seguito di accordi sindacali e da allora il welfare è divenuto a tutti gli effetti un istituto contrattuale.

 

Le prestazioni

La diffusione di questa tipologia di accordi ha determinato la redazione di numerose ricerche sulle forme più ricorrenti con cui si sono realizzate le prestazioni di welfare contrattuale. Senza entrare in particolarismi conviene ricordare le principali tipologie di prestazioni offerte ai dipendenti sotto forma di welfare aziendale:

  • Sanità integrativa: prevede prestazioni integrative a quelle fornite dal servizio sanitario nazionale per i dipendenti delle aziende che non hanno una forma di sanità prevista dal CCNL oppure prestazioni aggiuntive rispetto a quelle previste dai fondi contrattuali;
  • Servizi alle persone per l’assistenza ai minori o agli anziani;
  • Servizi per il tempo libero e la cultura;
  • Sostegno diretto o indiretto al reddito dei lavoratori: pacchi spesa, convenzioni con negozi, anticipo del Tfr, servizi di microcredito o di assistenza legale, buoni benzina o buoni pasto;
  • Intervento sulle spese di trasporto;
  • Sostegno alle spese scolastiche e borse di studio.

Le modalità con cui vengo erogate queste prestazioni sono le più diverse, ma principalmente sono riconducibili a tre modelli:

  • Servizi e/o convenzioni con società specializzate a cui il lavoratore può decidere di rivolgersi;
  • Fondi o voucher che il lavoratore può spendere per acquistare servizi all’interno di un paniere di proposte;
  • Rimborso di particolari tipologie di spese (ad esempio abbonamenti di trasporto).

Il passaggio del welfare aziendale da unilaterale a contrattato ha permesso di aumentare il ruolo della contrattazione e ha permesso in particolare la possibilità per i lavoratori di poter utilizzare tutto o una parte del premio per obiettivi per acquistare servizi di welfare personalizzati. Questa opzione è incentivata dalla legge che permette in questo caso di poter avere un ulteriore sgravio fiscale. Si è innescato così un circuito fra premi aziendali, prestazioni di welfare e utilizzo intelligente dei fondi previdenziali che permette molte opportunità per massimizzare i risultati sia dal punto di vista economico che delle prestazioni.

 

Al passo con i bisogni dei lavoratori

Una delle particolarità più interessanti degli accordi di welfare è il fatto che, in alcune realtà, l’individuazione dei servizi da fornire ai dipendenti è effettuata tramite un’analisi dei bisogni svolta attraverso l’erogazione di questionari o attraverso focus group. Inoltre, nelle aziende in cui gli accordi di welfare sono in essere da alcuni anni si sta affermando il ricorso all’analisi periodica dei bisogni e delle priorità.

Fondamentale per garantire la partecipazione dei lavoratori è la scelta fatta da alcuni accordi di costituire Comitati di governance bilaterali per la gestione dei servizi, per adeguarli alla mutevolezza dei bisogni o per prevedere la possibilità di prestazioni aggiuntive.

Le aziende mostrano molto interesse verso gli accordi di welfare e questo per la riduzione dei costi che devono sostenere rispetto alla pura risposta salariale, ma soprattutto perché il welfare risulta essere un forte strumento per far crescere il senso di appartenenza delle persone. I lavoratori a loro volta mostrano di gradire molto tali opportunità (alcune ricerche registrano che oltre il 90% dei lavoratori danno un giudizio positivo ai servizi di welfare definiti a livello aziendale).

Il welfare contrattuale è quindi una grande opportunità a patto di mantenerlo dinamico, attento alle evoluzioni sociali e dei bisogni dei lavoratori, evitando che si trasformi in un mero distributore di servizi non qualificati e impersonali.

Il welfare aziendale, per poter essere pienamente in grado di rispondere ai bisogni dei lavoratori, presuppone una capillare informazione dai fruitori dei servizi. L’esperienza realizzata in questi anni ha dimostrato che alcuni servizi e alcune opportunità sono utilizzati da un numero ristretto di lavoratori proprio per un difetto di informazione. Un efficace sistema di welfare aziendale si regge sulla partecipazione diretta dei fruitori che si può realizzare solo con una approfondita conoscenza della materia non nelle sue linee generali ma nelle specifiche soluzioni adottate.

 

Suggerimenti di lettura

  • Treni T. (2016, a cura di), Welfare aziendale 2.0. Nuovo Welfare, vantaggi contributivi e fiscali, Milano, Wolters Kluwer.
Sergio Spiller
Sergio Spiller è laureato in Storia Contemporanea all’Università di Padova. È entrato nella Cisl alla fine degli anni ‘70 come membro dell’Ufficio Studi di Vicenza, assumendo poi incarichi sindacali nel settore dei tessili a livello nazionale. È stato responsabile dei maggiori gruppi di moda italiani. Dal 2016 opera nel Dipartimento Contrattazione Nazionale della Cisl occupandosi di contrattazione, welfare contrattuale e rappresentanza. È referente della Formazione sindacale per Cisl Veneto.

Progetto realizzato da

Fondazione Ermanno Gorrieri per gli studi sociali

Con il contributo di

Fondazione Cassa di Risparmio di Modena