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Flat tax

Scritto da: Massimo Baldini, Leonzio Rizzo

 

La struttura della flat tax

La flat rate tax, o flat tax per semplicità, è letteralmente un’imposta sul reddito con aliquota piatta, cioè che applica una sola aliquota all’intera base imponibile. Nella sua versione più semplice può essere espressa con la seguente formula:

T = t Y,

dove T è l’imposta in euro, t l’aliquota unica e Y il valore della base imponibile. Questa imposta è proporzionale, ma è sufficiente introdurre una deduzione, cioè una riduzione del reddito prima dell’applicazione dell’aliquota, o una detrazione, cioè una riduzione dell’imposta dovuta, per rendere progressiva, ovvero che aumenta all’aumentare del reddito, anche un’imposta ad aliquota unica. Le proposte di flat tax presentate ultimamente in Italia sono progressive per deduzione. Anche in gran parte dei paesi dell’Europa orientale che adottano la flat tax essa è in genere progressiva, raramente proporzionale. L’equazione che meglio descrive la flat tax di cui di solito si discute è quindi:

T = t (Y - D),

dove D è la deduzione e Y-D il reddito imponibile. La deduzione potrebbe dipendere dalle caratteristiche del contribuente, ad esempio dal numero dei familiari. Se il reddito è inferiore alla deduzione, nulla è dovuto. L’importo della deduzione potrebbe essere scelto in modo da esentare l’area della povertà dal pagamento dell’imposta. Se ad esempio t=20% e D=8mila euro, allora fino a questa cifra l’imposta è zero, poi l’aliquota del 20% si applica alla differenza tra il reddito Y e la deduzione stessa. L’aliquota media è così del 4% su 10mila euro, del 16% su 40mila: aumenta al crescere del reddito, come richiesto dal requisito della progressività. Nell’esempio l’aliquota media è 0 fino a D, poi continua a salire e in corrispondenza di redditi molto elevati tende all’aliquota marginale del 20%, senza raggiungerla mai. L’incidenza sale molto velocemente appena si supera la soglia esente, mentre su redditi medio-alti cresce più lentamente. La flat tax con deduzione quindi è molto progressiva sui redditi medio-bassi (dove l’aliquota marginale t è molto più alta dell’aliquota media) e non è lontana dalla proporzionalità, ovvero l’aliquota media è costante al crescere del reddito, nella parte alta della distribuzione. Nell’esempio, nel passaggio da 10mila a 20mila euro di reddito l’incidenza sale da 4% a 12%, mentre tra 40mila e 50mila aumenta solo da 16% a 16.8%. La stessa curva dell’aliquota media rispetto al reddito può essere ottenuta usando una detrazione d al posto della deduzione D: in tal caso la formula della flat tax sarebbe:

T = t Y – d.

L’effetto redistributivo determinato da una flat tax potrebbe essere anche molto elevato, se sia D che t sono alte (Davies e Hoy, 2002). Se imponiamo il vincolo della parità di gettito, il passaggio dalle attuali 5 aliquote dell’Irpef ad una sola aliquota determinerebbe con grande probabilità un aumento del prelievo per la classe media e un beneficio per i redditi bassi e quelli molto alti. È possibile ridurre il carico sui redditi medi solo accettando una significativa perdita di gettito, come per altro propongono i sostenitori italiani della flat tax.

 

La flat tax nel mondo

Ispirata dal modello dell’imposta negativa di M. Friedman (1962) e proposta per la prima volta dagli americani Hall e Rabushka negli anni ’80 del secolo scorso (Hall e Rabushka, 1985), la flat tax non ha trovato finora spazio nei paesi dell’Europa occidentale e del mondo anglosassone, anche se il numero degli scaglioni dell’imposta personale sul reddito è decisamente diminuito negli ultimi 40 anni (Gerber et al., 2018), seguendo l’esempio delle riforme fiscali di Reagan e Thatcher. Nell’Europa dell’est, invece, dopo il crollo dell’Unione Sovietica gran parte dei paesi ha optato per la flat tax (Keen et al., 2008). Negli ultimi trent’anni moltissimi sono stati i cambiamenti che hanno interessato quelle realtà, quindi è difficile verificare quali effetti abbia avuto il passaggio alla flat tax. Secondo la maggioranza degli studi empirici essi sono stati modesti, ma per alcuni si è registrato un calo della propensione ad evadere almeno in alcuni paesi (Duncan, 2014; Gorodnichenko et al., 2009). Negli ultimi anni, tuttavia, alcuni paesi hanno fatto marcia indietro e sono tornati ad un’imposta con più di un’aliquota. Alcuni fattori potrebbero infatti giocare nel senso di un ritorno ad una maggiore progressività formale, in particolare il bisogno di più risorse pubbliche dopo la crisi iniziata nel 2007 e la volontà di contrastare l’aumento della diseguaglianza laddove esso si è verificato.

 

Le proposte di flat tax in Italia

Le due più significative proposte di flat tax recentemente presentate in Italia sono quella contenuta nel programma della Lega per le elezioni del 2018, poi trasformatasi in una quasi flat tax a due aliquote nel contratto di governo Lega-M5S, e quella formulata dall’Istituto Bruno Leoni (Rossi, 2018). La prima consiste in un’aliquota unica del 15% sul reddito della famiglia, con progressività garantita da una deduzione dipendente dal reddito e dalla composizione della famiglia. La perdita di gettito stimata sarebbe di circa 50 miliardi di euro all’anno.

Il progetto dell’Istituto Bruno Leoni rivede radicalmente non solo l’Irpef ma anche gli altri principali tributi, tutti con aliquota unica del 25%. Con un esplicito riferimento al modello dell’imposta negativa di Friedman, la nuova Irpef sarebbe ancora progressiva grazie ad una deduzione sempre capiente: se il reddito familiare è inferiore alla deduzione, l’imposta si trasforma in un trasferimento che colma la differenza tra soglia di povertà e reddito. A tutti i poveri sarebbe così garantito un reddito minimo, differenziato per regioni così da riflettere il costo della vita locale. Il senso generale della manovra è la ridefinizione del rapporto tra Stato e cittadini, nel segno di una minore intrusione nei bilanci delle famiglie e nel funzionamento dei mercati. Anche in questo caso la perdita di gettito sarebbe significativa, in parte recuperata da una robusta spending review.

Gli effetti redistributivi delle due proposte sarebbero piuttosto simili, con un guadagno significativo per il 50% dei redditi più elevati, basso per gli altri. I redditi alti, in cambio, potrebbero perdere il diritto al welfare universale. Queste due proposte evidenziano come un punto centrale di ogni discussione che riguardi la flat tax sia costituito dagli effetti sul gettito: in presenza di una sua riduzione significativa, allora le proposte di flat tax di fatto implicano un cambiamento radicale non solo nel sistema tributario, ma anche nella quantità e qualità della spesa pubblica.

 

Riferimenti bibliografici

  • Davies J. B. e M. Hoy (2002), “Flat taxes and inequality measurement”, Journal of Public Economics, 84, 33-46.
  • Duncan D. (2014), “Behavioral responses and the distributional effects of the Russian ‘flat’ tax”, Journal of Policy Modeling, 36(2), 226-240.
  • Friedman M. (1962), Capitalism and Freedom, Chicago, Chicago University Press.
  • Gerber C., A. Klemm, L. Liu e V. Mylonas (2018), “Personal income tax progressivity: Trends and implications”, International Monetary Fund Working Paper, 18/246.
  • Gorodnichenko Y., J. Martinez-Vazquez e P. K. Sabirianova (2009), “Myth and reality of flat tax reform: Microestimates of tax evasion response and welfare effects in Russia”, Journal of Political Economy, 117(3), 504–554.
  • Hall R.E. e A. Rabushka (1985), The flat tax, Stanford, Hoover Institution Press.
  • Keen M., Y. Kim e R. Varsano (2008), “The ‘Flat Tax(es)’: Principles and Evidence”, International Tax and Public Finance, 15(6), 712-751.
  • Rossi N. (2018), Flat tax. Aliquota unica e minimo vitale per un fisco semplice ed equo, Venezia, Marsilio.

 

Suggerimenti di lettura

  • Baldini M. e L. Rizzo (2019), Flat tax. Parti uguali tra disuguali?, Bologna, Il Mulino.
  • Causa O. e M. Hermansen (2019), “Income redistribution through taxes and transfers across Oecd countries”, Oecd Economics Department Working Paper, 1453.
  • Liberati P. (2018), “Sulla progressività limitata della tassazione dei redditi in Italia”, Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 1/2018, 30-60.
  • Rossi N. (2018), Flat tax. Aliquota unica e minimo vitale per un fisco semplice ed equo, Venezia, Marsilio.
  • Stevanato D. (2016). Dalla crisi dell’Irpef alla flat tax: prospettive per una riforma dell’imposta sul reddito, Bologna, il Mulino.
Massimo Baldini
Massimo Baldini insegna Scienza delle Finanze presso il Dipartimento di Economia “Marco Biagi” dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Si occupa di welfare state, sistemi di tax/benefit e distribuzione del reddito. Ha recentemente pubblicato il libro “Flat tax. Parti uguali tra disuguali?” con L. Rizzo (Il Mulino).
Leonzio Rizzo
Leonzio Rizzo è professore ordinario di Scienza delle Finanze all'Università di Ferrara e research affiliate presso l'IEB dell'Università di Barcellona. Si occupa di temi di economia pubblica e political economy con particolare riguardo alla finanza locale. È membro del comitato direttivo della SIEP (Società Italiana di Economia Pubblica). Ha recentemente scritto, con Massimo Baldini, il libro "Flat tax. Parti uguali tra disuguali?", Bologna, Il Mulino.

Progetto realizzato da

Fondazione Ermanno Gorrieri per gli studi sociali

Con il contributo di

Fondazione Cassa di Risparmio di Modena