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Mobilità sociale

Scritto da: Irene Brunetti

 

Definizione

Si definisce mobilità sociale il processo che, in una data società, consente agli individui di muoversi tra posizioni sociali diverse. Ogni soggetto nasce e cresce in una data famiglia ed in un determinato contesto, ha quindi una propria “origine sociale”. Diventando adulto l’individuo acquisisce un titolo di studio, svolge un’occupazione e si costruisce una propria famiglia raggiungendo una “posizione o status sociale”. Il concetto di mobilità sociale permette di comprendere se, e in che misura, la posizione sociale raggiunta dal soggetto adulto dipende dalla sua origine sociale e quindi dalla famiglia e dal contesto in cui è cresciuto.

Quando si parla di mobilità sociale, in letteratura viene fatta una distinzione chiave ovvero quella tra mobilità assoluta e relativa. La mobilità assoluta studia la posizione sociale occupata da ciascun individuo in due momenti distinti della sua vita. La mobilità relativa analizza invece le opportunità che un dato soggetto, proveniente da una data origine sociale, ha di raggiungere una certa posizione finale rispetto ad altri soggetti con diversa origine sociale (Schizzerotto e Marzadro, 2008). La mobilità assoluta misura quindi il numero complessivo di individui che si spostano da una posizione all’altra, mentre la mobilità relativa indica il grado di eguaglianza delle possibilità di mobilità dei soggetti con diverse origini sociali, ovvero misura l’effettiva fluidità sociale.

Una seconda distinzione riguarda la differenza tra la mobilità orizzontale che indica il passaggio di un individuo da una posizione sociale ad altra nell’ambito della stessa categoria, e la mobilità verticale che studia il passaggio di un individuo da una posizione ad un’altra nel sistema di stratificazione sociale. In quest’ultimo caso, se la posizione di destinazione è più alta si parlerà di mobilità verticale ascendente, altrimenti di mobilità verticale discendente (Bagnasco et al., 2012). La mobilità orizzontale viene generalmente studiata quando le categorie usate per definire lo status sociale non sono ordinabili, mentre la mobilità verticale si basa sul concetto di gerarchia dei diversi status sociali.

La mobilità sociale può inoltre riguardare il singolo individuo, una famiglia oppure interi gruppi (categorie occupazionali o gruppi etnici). Un gran numero di studi che si occupano di mobilità sociale si focalizzano soprattutto sulla mobilità degli individui o delle famiglie. In particolare, alcune ricerche studiano la mobilità intergenerazionale ovvero la relazione tra la posizione socio-economica che l'individuo occupa rispetto a quella occupata della generazione precedente, altri invece analizzano la mobilità intragenerazionale. Questo secondo tipo di mobilità prende in esame i cambiamenti di posizione socio-economica del singolo individuo nell’arco della sua vita.

 

Come misurare la posizione sociale?

Uno degli aspetti importanti della mobilità sociale è la definizione di posizione, o status, sociale. Essa può infatti essere misurata mediante diverse variabili quali il reddito permanente, il reddito da lavoro, la ricchezza, il titolo di studio o l’occupazione svolta, ed ognuna permette di descrivere un aspetto diverso della mobilità sociale. Gli economisti, ad esempio, prediligono l’uso del reddito permanente fornendo misure della mobilità basate sulla mobilità reddituale evitando problemi legato ad eventi occasionali (Solon, 1999). La letteratura sociologica, invece, per identificare la posizione sociale fa ricorso alla variabile occupazione che permette di tener conto anche del prestigio sociale riconosciuto dalla società ad ogni occupazione (Cobalti e Schizzerotto, 1994; Erikson e Goldthorpe, 1992). I sociologi spiegano infatti che è il ruolo lavorativo svolto dagli individui ad influire sui privilegi, sul potere e più in generale sulle loro condizioni di vita (Marzadro 2015). Prendendo in considerazione l’occupazione, si ha inoltre la possibilità di studiare i movimenti degli individui tenendo presente anche i cambiamenti che avvengono nel corso degli anni nella struttura occupazionale di un sistema socioeconomico (Prais, 1955). Dal momento però che le occupazioni sono moltissime ed alcune associate a simili condizioni di vita, gli studiosi tendono a raggruppare tra di loro occupazioni che mostrano caratteristiche simili dal punto di vista dei livelli di vita (si veda ad esempio la classificazione fornita da Erikson e Goldthorpe, 1992).

 

Perché è importante studiare la mobilità sociale

Generalmente una società caratterizzata da un basso livello di mobilità sociale, ovvero una società in cui lo status sociale dipende in larga misura dall’origine sociale, è percepita come poco efficiente in quanto i soggetti più talentuosi non necessariamente hanno la possibilità di raggiungere le migliori posizioni sociali, e poco giusta perché la posizione sociale di arrivo non dipende dall’impegno o dagli sforzi individuali, bensì dalle origini sociali.

Già nel 1821 Thomas Jefferson riconosceva alla mobilità sociale il ruolo di strumento atto ad ottenere una società equa: “The transmission of this property from generation to generation, in the same name, raised up a distinct set of families, who, being privileged by law in the perpetuation of their wealth were thus formed into a Patrician order […]. From this order, too, the king habitually selected his counsellors of State […]To annul this privilege, and instead of an aristocracy of wealth of more harm and danger than benefit to society, to make an opening for the aristocracy of virtue and talent, which nature has wisely provided for the direction of the interests of society, and scattered with equal hand through all its conditions, was deemed essential to a well-ordered republic.

Una società mobile, e di conseguenza equa, è in grado di livellare le disparità inziali che esistono tra gli individui così che quest’ultimi possano competere tra di loro per la stessa posizione finale rendendo minima l’importanza rivestita dai vantaggi ereditati dalla propria posizione d’origine, definite da Dardanoni et al. (2006) “circumstances”, e massima invece quella associata allo sforzo e alle qualità individuali. Una società mobile è in grado quindi di assicurare uguaglianza di opportunità anche se questo non implica necessariamente uguaglianza dei risultati.

Infine, strettamente legato ai concetti di mobilità sociale e di uguaglianza di opportunità è il concetto di meritocrazia. Il termine meritocrazia, coniato ed introdotto dal sociologo Young (1958), è oggi utilizzato, sia in letteratura che nel dibattito pubblico, per indicare un sistema socioeconomico in cui il merito, inteso come il connubio tra lo sforzo ed il talento individuale, è l'unico fattore che decide lo stato sociale di un individuo. È lo stesso Young (1958) a spiegare nel famoso trattato “The Rise of the Meritocracy” che per ottenere una società meritocratica è necessario il passaggio da una situazione in cui lo status era definito per nascita a quella in cui sono il merito e la possibilità di cogliere le opportunità più vantaggiose a prevalere. È quindi la mobilità sociale che prima di tutto agisce in questo senso. La riduzione delle disuguaglianze e l’aumento dell’uguaglianza di opportunità può essere realizzata aiutando ad avanzare meglio lungo la scala sociale chi parte da posizioni svantaggiate.

 

Riferimenti bibliografici

  • Bagnasco A., M. Barbagli e A. Cavalli (2012), “La mobilità sociale”, in A. Bagnasco, M. Barbagli e A. Cavalli (a cura di), Corso di sociologia, Cap. XII, Bologna, Il Mulino.
  • Cobalti A. e A. Schizzerotto (1994), La Mobilitá Sociale in Italia, Il Mulino.
  • Dardanoni V., H. Fields, J.E. Roemer, e M.L. Sanchez Puerta (2006), “How Demanding Should Equality of Opportunity Be, and How Much Have We Achieved?”, ILR Collection.
  • Erikson R. e J. Goldthorpe (1992), The constant flux, Oxford, Clarendon Press.
  • Jefferson T. [1821] (1944), “Autobiography”, in A. Koch e W. Peden (a cura di), The life and selected writings of Thomas Jefferson, New York, Modern Library.
  • Marzadro S. (2015), La mobilità sociale. Link.
  • Prais S.J. (1955), “Measuring Social Mobility”, Journal of the Royal Statistical Society, 118, 56-66.
  • Schizzerotto A. e S. Marzadro (2008), “Social mobility in Italy since the beginning of the twentieth century”, Politica Economica, 10, 5-40.
  • Solon G. (1999), “Intergenerational mobility in the labour market”, in O. Ashenfelter and D. Card (a cura di), Handbook of labor economics, vol. 3c, Amsterdam, North Holland Publishing Company.
  • Young M. (1958), The Rise of the Meritocracy 1870-2033: An essay on education and society, Londra, Thames and Hudson.

 

Suggerimenti di lettura

  • Breen R. (2004), Social Mobility in Europe, Oxford, Oxford University Press.
  • Corak M. (2004), Generational Income Mobility in North America and Europe, Cambridge, Cambridge University Press.
  • Long J. e J. Ferrie (2013), “Intergenerational Occupational Mobility Status in Great Britain and the United State”, American Economic Review, 103(4), 1109-1137.
  • Pisati M. (2000), La Mobilitá Sociale, Bologna, Il Mulino.
  • Roemer J.E. (1998), Equality of Opportunity, Cambridge, Harvard University Press.
Irene Brunetti
Irene Brunetti è ricercatrice in Economia Applicata presso l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche. È stata assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa per un progetto riguardante i meccanismi di inclusione ed esclusione dal mercato del lavoro. Ha conseguito il PhD in Economia politica presso l’Università di Pisa. I suoi temi di ricerca riguardano principalmente la valutazione delle politiche per il mercato del lavoro, la mobilità socio-economica e le transizioni scuola-lavoro.

Progetto realizzato da

Fondazione Ermanno Gorrieri per gli studi sociali

Con il contributo di

Fondazione Cassa di Risparmio di Modena