Glossario

Il "Glossario delle disuguaglianze sociali" mira a realizzare una raccolta di voci specificamente dedicate alla problematica delle disuguaglianze economiche e sociali, nella prospettiva di uno strumento di conoscenza e di informazione di base, durevole e continuativo. Le voci presenti sul portale - curate da professori, ricercatori ed esperti sui temi di interesse del Glossario - rappresentano il solido inizio di un progetto sempre attivo e in continua espansione. Pertanto, se pensi che sia ancora assente nel Glossario qualche argomento di rilevo nello studio delle disuguaglianze sociali, non esitare a segnalarcelo (glossario@fondazionegorrieri.it).

Reddito di Cittadinanza

Scritto da: Agnese Ambrosi

 

Definizione

Il Reddito di Cittadinanza (Rdc) è una misura di reddito minimo attiva in Italia da marzo 2019. Viene istituito a gennaio 2019 (D.L. 4/2019) dal governo Lega-Cinque Stelle e sostituisce il precedente “Reddito di Inclusione” (Rei), introdotto invece da un governo guidato dal Partito Democratico. La transizione da una misura all’altra ha una motivazione politica, poiché il reddito di cittadinanza è stato sin dalla fondazione uno degli obiettivi prioritari del Movimento Cinque Stelle, che vuole quindi rivendicare un proprio successo politico cambiando nome alla precedente misura; in realtà, la modifica non è solo nominale perché, a fronte di una infrastruttura organizzativa abbastanza simile alla precedente, vengono introdotti elementi di discontinuità tali da rendere la nuova misura in parte sostanzialmente diversa, anche con l’obiettivo di farla accettare all’alleato di Governo – il partito della Lega - critico verso le misure assistenzialistiche.

 

Caratteristiche della misura

Il Rdc si articola, come il Rei, in due componenti: a) un beneficio economico; b) una componente di servizi alla persona formalizzata in un progetto personalizzato. La modalità di erogazione del Rdc rimane la stessa del Rei, con una carta prepagata consegnata dalle Poste Italiane su cui viene accreditato l’importo mensile spettante alla famiglia; il beneficio monetario diviene decisamente più consistente, fino ad un massimo di 13.200 euro anni a seconda della composizione del nucleo familiare, a cui si aggiungono un massimo di 3.360 euro come contributo per l’affitto o di 1.800 come contributo per il pagamento del mutuo; la durata viene resa quasi continuativa, salvo un mese di interruzione ogni diciotto mesi di fruizione. Vengono semplificate le modalità di richiesta: direttamente online, alle Poste, agli istituti di patronato o ai centri di assistenza fiscale. La misura passiva viene affiancata, come nel Rei, da un progetto personalizzato di attivazione e inclusione sociale della famiglia beneficiaria. Tuttavia, nella titolarità della valutazione relativa ai bisogni della famiglia si sostanzia una delle differenze maggiori con la misura precedente. Nel Rei, infatti, la valutazione iniziale dei bisogni era affidata unicamente ai Comuni, e quindi ai servizi sociali, che erano titolari della progettazione con i beneficiari; solo nel caso in cui – durante l’analisi preliminare condotta dall’assistente sociale con le famiglie – la povertà emergesse come unicamente legata alla dimensione lavorativa, il progetto personalizzato poteva essere sostituito dal patto di servizio con il Centro per l’impiego o dal programma di ricerca intensiva di occupazione. Nel Rdc, invece, vi è un sostanziale spostamento del momento valutativo dal Servizio sociale – con i suoi operatori specializzati – al centro per l’impiego: l’intenzione manifesta è infatti quella di dare una forte impostazione lavoristica alla misura di sostegno al reddito. Vengono quindi identificate una serie di circostanze oggettive al verificarsi delle quali le famiglie sono automaticamente smistate dall’Inps verso i Comuni oppure verso i Centri per l’impiego, per la valutazione e la redazione del Patto per l’inclusione sociale, nel primo caso, o del Patto per il lavoro, nel secondo, entrambi finalizzati a sostenere il nucleo beneficiario in un percorso di autonomia e inclusione sociale. Qualora durante la valutazione emergano bisogni complessi che oltrepassano la mera sfera lavorativa, i Centri per l’impiego possono rinviare le persone al Servizio sociale per la progettazione; così come il Servizio sociale può mandare le famiglie al Centro per l’impiego nel caso in cui dall’analisi preliminare emerga che i bisogni siano unicamente legati alla dimensione lavorativa. Un punto critico e delicato rimane però senz’altro affidare una valutazione professionale di bisogni complessi ad operatori che non hanno una qualifica specifica per questo tipo di analisi, come quelli del Centro per l’impiego, i quali sono formati per valutare dimensioni afferenti all’area lavorativa.

Un altro punto dove è evidente il compromesso politico tra i due partiti al governo riguarda la complessa struttura di condizionalità e sanzioni che viene pensata per fare in modo che il beneficio venga fruito solo dalle famiglie cosiddette “meritevoli”, in un’ottica che gli stessi partiti definiscono “anti-divano”. Questa retorica rimanda alla visione oppressiva del povero come “colpevole” o “accidioso”, piuttosto che inserirsi in una logica di diritti umani universali di base. Essa inoltre disconosce la complessità delle cause che sono alla base della povertà, che rimandano a disuguaglianze strutturali nell’accesso ai diritti e alle opportunità. Viene quindi stabilito un complesso e semplicistico “cifrario” di coordinate spazio-temporali per definire se una offerta di lavoro sia congrua o meno, e se quindi il suo rifiuto comporti la decadenza dal beneficio. Vengono varate delle sanzioni penali estremamente punitive considerato il tipo di misura – di sussistenza - a cui vengono applicate e la platea dei beneficiari, composta da persone che, proprio in ragione della povertà, hanno meno strumenti materiali e culturali per comprendere i passaggi burocratici e un minore accesso alle informazioni. Infine, l’impronta della parte leghista al Governo, sostenuta anche dalla cosiddetta “destra” del Movimento Cinque Stelle, è evidente nel tentativo di escludere il più possibile le persone extracomunitarie dalla fruizione del beneficio: accanto al requisito restrittivo del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo – richiesto peraltro anche dal Rei – viene infatti esteso da due a dieci anni il periodo di residenza obbligatoria in Italia, di cui gli ultimi due in via continuativa. Quest’ultima previsione ha impedito per quasi un anno l’accesso al Rdc anche a molte persone senza dimora, fino a quando una circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha sanato questo aspetto introducendo una interpretazione meno restrittiva del requisito della “continuità” anagrafica.

 

La progettazione personalizzata

Per quanto riguarda la progettazione con le famiglie beneficiarie, sono state create due piattaforme digitali - una presso l’Anpal a disposizione dei Centri per l’impiego e l’altra presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali a disposizione dei Comuni - per consentire l’attivazione e la gestione dei Patti per il lavoro e dei Patti per l’inclusione sociale, anche a fini di monitoraggio, analisi, valutazione e controllo del Rdc. Dal lato dei Comuni, la progettazione viene svolta attraverso alcuni passaggi valutativi definiti. Entro trenta giorni dal riconoscimento del beneficio la famiglia deve essere convocata dall’operatore sociale per una prima “analisi preliminare”. Questa può esitare in quattro percorsi differenti, a seconda dei bisogni rilevati. Se non emergono bisogni complessi o connessi alla dimensione lavorativa, la famiglia viene seguita solo dal servizio sociale, con cui redige un progetto semplificato; se, viceversa, si riscontrano bisogni correlati alla sola sfera lavorativa, la famiglia viene inviata al Centro per l’impiego per il Patto per il lavoro; qualora, invece, vi siano unicamente bisogni acuti e complessi, che necessitano di un trattamento specialistico - come ad esempio una tossicodipendenza attiva – la persona o la famiglia vengono indirizzate ai servizi specialistici; quando, infine, i bisogni del nucleo familiare risultino complessi ed afferenti ad aree diverse, viene costituita una equipe multidisciplinare composta da professionisti dei diversi servizi (sanitari, sociali, educativi, lavorativi ecc.) per una valutazione più approfondita e la redazione del Patto per l’inclusione sociale. Con l’obiettivo di rendere questi passaggi valutativi omogenei su tutto il territorio nazionale da parte dei Comuni, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha emanato delle linee guida molto approfondite per la valutazione e la progettazione, ed è stato creato un unico applicativo – la piattaforma GePI – attraverso cui gli operatori lavorano ed inseriscono i dati relativi ai progetti. Le linee guida sono il frutto di un percorso di studio ed analisi partito già con il Rei, ed infatti il D.L. 4/2019 rimanda al decreto attuativo del Rei per quanto riguarda la strutturazione del progetto personalizzato. Nella definizione degli strumenti e delle linee guida ha avuto un ruolo fondamentale l’Università di Padova, grazie al coinvolgimento del dipartimento FISPPA e del LabRIEF, già coordinatore del programma nazionale sperimentale P.I.P.P.I. (Programma di Intervento Per la Prevenzione dell’Istituzionalizzazione dei minorenni) rivolto a famiglie e minorenni in condizioni di vulnerabilità. In particolare, l’accordo tra Ministero e LabRIEF prevede di estendere l’applicazione del modello e della metodologia del programma P.I.P.P.I. alle famiglie beneficiarie del Rdc, attraverso azioni di ricerca, supporto scientifico e formazione degli operatori dei servizi (gli assistenti sociali e gli altri professionisti coinvolti nelle équipe multidisciplinari e nella valutazione multidimensionale). In questo modo, lo stesso gruppo di formatori sta seguendo operatori su tutto il territorio nazionale, in uno sforzo straordinario per garantire omogeneità di applicazione delle linee guida e integrare in modo strutturale e sistematico pratica, ricerca e formazione. Questo passaggio è molto rilevante perché rappresenta un tentativo concreto di integrazione strutturale tra ricerca scientifica, lavoro sul campo e formazione per l’apprendimento e il miglioramento delle politiche pubbliche; prosegue, inoltre, nel solco indicato dal Rei, ovvero la definizione di livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale. L’obiettivo è rendere omogenei gli interventi erogati e i servizi forniti in un’ottica di Leps anche dal punto di vista della metodologia utilizzata e delle pratiche professionali.

La metodologia utilizzata dal programma P.I.P.P.I. è largamente inclusiva e si basa sulla valutazione trasformativa e partecipativa: trasformativa perché fondata su un approccio dialogico e negoziato tra tutte le parti finalizzato a costruire una conoscenza comune e condivisa che trasformi reciprocamente sia i comportamenti e le dinamiche delle famiglie che le pratiche professionali degli operatori coinvolti; partecipativa perché le famiglie sono protagoniste attive di tutto il percorso progettuale. La logica della progettazione è quindi molto lontana dall’impostazione workfaristica e punitiva della norma istitutiva della misura, e si declina in ottica promozionale e preventiva.

 

Alcuni dati

I dati riportati di seguito sono rilevati a tutto giugno 2022. I nuclei familiari richiedenti Rdc/Pdc sono stati (in milioni): 1,6 nel 2019, 1,5 nel 2020, 1,2 nel 2021 e 0,9 nei primi sei mesi del 2022. Di contro, il numero di famiglie che hanno ricevuto almeno una mensilità del beneficio nell’anno solare sono state (sempre in milioni): 1,1 nel 2019 (2,7 mln persone coinvolte); 1,6 nel 2020 (3,7 mln persone coinvolte); 1,8 nel 2021 (4 mln persone coinvolte), 1,6 nei primi sei mesi del 2022 (3,5 mln persone coinvolte). L’importo medio mensile del beneficio è stato pari a (in euro): 492 nel 2019, 531 nel 2020, 546 nel 2021, 553 nei primi sei mesi del 2022. Questo importo medio ha toccato il suo valore più alto nella regione Campania, seguita dalla Sicilia, per tutte le annualità. Lo stesso vale per il numero di nuclei beneficiari della misura. Nell’anno 2022, ad esempio, le famiglie beneficiarie di almeno una mensilità erano per il 39% residenti in una delle due regioni. Se andiamo a scindere Reddito e Pensione di cittadinanza, vediamo come il valore medio di quest’ultima sia sistematicamente più basso di quello del reddito (in euro): 279 verso 582 nel 2022. Va infatti tenuto presente che per gli anziani opera già una misura di reddito minimo, l’assegno sociale. L’importo medio mensile sulle quattro annualità è stato (in euro) di 566 per il Rdc e di 250 per la Pdc, 533 per entrambi. La percentuale di nuclei percettori Rdc sul totale dei beneficiari è stata in media dell’89%; 11% i nuclei beneficiari di Pdc. L’importo totale erogato per Rdc e Pdc dalla loro istituzione è stato di 23,9 miliardi di euro, di cui 22,7 per Rdc e 1,2 per Pdc. Per quanto riguarda la cittadinanza del richiedente, a giugno 2022 i nuclei beneficiari vedevano nell’87% dei casi un richiedente con cittadinanza italiana per il Rdc, percentuale che sale al 94% per la Pdc. Sempre a giugno 2022 la composizione delle famiglie percettrici di Rdc/Pdc vedeva la prevalenza dei nuclei unipersonali (46%), seguita da quelli con due persone (20%), 3 o 4 persone (27%), 5 o più (7%). La percentuale dei nuclei unipersonali sale al 68% nel caso di famiglie senza minorenni, mentre le famiglie con figli minorenni sono composte per la maggior parte (62%) da 3 o 4 componenti.

 

Riferimenti bibliografici

  • Inps (2020), Report trimestrale aprile 2019-marzo 2020, Osservatorio statistico sul reddito di inclusione.
  • LabRief (2015), Il quaderno di P.I.P.P.I. Teorie, metodi e strumenti per l’implementazione del programma, Padova, Becco giallo.
  • Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (2017), Linee di indirizzo nazionali. L’intervento con bambini e famiglie in situazione di vulnerabilità.
  • Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (2019), I quaderni dei patti per l’inclusione sociale. Analisi preliminare.
  • Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (2019), I quaderni dei patti per l’inclusione sociale. Linee Guida.
  • Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (2019), I quaderni dei patti per l’inclusione sociale. Patto per l’inclusione sociale.
  • Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (2019), I quaderni dei patti per l’inclusione sociale. Quadro di analisi.
  • Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (2020), Circolare del 19-02-2020: indicazioni relative all'accesso al Reddito di cittadinanza (Rdc) per i senza dimora e alla verifica del possesso del requisito relativo alla residenza in Italia.

 

Suggerimenti di lettura

  • Granaglia E. e M. Bolzoni (2016), Il reddito di base, Roma, Ediesse.
  • Toso S. (2016), Reddito di cittadinanza o reddito minimo?, Bologna, Il Mulino.
  • Van Parijs P. e Y. Vanderborght (2017), Il reddito di base, Bologna, Il Mulino.
Agnese Ambrosi
Agnese Ambrosi è assistente sociale, ricercatrice in scienze sociali ed esperta di management economico-finanziario e organizzativo. Attualmente lavora nei servizi sociali del Comune di Firenze. Ha una laurea in Economia Politica, una laurea magistrale in Politiche e Servizi Sociali e un master in progettazione e valutazione dei processi aziendali. Ha conseguito nel 2019 un dottorato di ricerca in Scienze Sociali Applicate con una tesi sulle misure di contrasto alla povertà.

Progetto realizzato da

Fondazione Ermanno Gorrieri per gli studi sociali

Con il contributo di

Fondazione Cassa di Risparmio di Modena