Glossario

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Lavoratori delle piattaforme digitali

Scritto da: Silvia Donà

 

La rivoluzione algoritmica

Le nuove tecnologie stanno mutando in maniera sostanziale l’organizzazione produttiva e le modalità di lavoro, con delle conseguenze specifiche sul diritto del lavoro.

Oltre ai cambiamenti profondi che modificano gli assetti organizzativi e le modalità di “fare impresa”, si modificano le modalità in cui viene resa l’attività di lavoro in particolare per il ruolo dell’algoritmo, che incorpora in sé una serie di funzioni organizzative dell’attività di lavoro e in particolare alcune dei poteri tipici del datore di lavoro. Non è possibile quindi analizzare il lavoro tramite piattaforma digitale senza considerare e riflettere sul ruolo dell’algoritmo che gestisce ed organizza l’attività di lavoro nella sua funzione di “automatic management” (Topo, 2018).

Infatti non soltanto il lavoro, ovvero le singole mansioni dei lavoratori, si stanno trasformando con l’intensificarsi delle nuove tecnologie digitali, ma anche la gestione e l’organizzazione del lavoro sta cambiando con gli algoritmi, visto che il prestatore, al posto di un datore di lavoro, si relaziona ad un elaboratore elettronico che assegna le mansioni, indica il ritmo di lavoro, determina la durata e le pause, verifica la qualità del lavoro, con o senza la collaborazione di uomini. Tale fenomeno è chiamato “algocracy” ed indica la presenza dell’algoritmo, come la formula o le formule matematiche che regolano l’organizzazione dell’impresa, attraverso una serie di direttive che provengono dall’elaboratore elettronico (Aneesh, 2009).

La rivoluzione algoritmica, guidata dai dati, sta infatti trasformando l’organizzazione e la gestione del rapporto di lavoro. I datori di lavoro trovano sempre maggiore affidamento negli algoritmi per decidere in merito alle selezioni per l’assunzione, al personale da promuovere e per la cessazione dei rapporti di lavoro.

 

Vantaggi e svantaggi delle nuove modalità di lavoro

Anche se gli algoritmi, attraverso la gestione dei dati, possono evitare durante il processo decisionale gli “errori umani” legati a pregiudizi, allo stesso tempo, tuttavia, possono produrre, con la raccolta di dati imprecisi, parziali, o non rappresentativi, risultati distorti in merito alla razza, sesso, lingua, religione ed altre caratteristiche personali, che trovano tutela nel principio cardine dell’uguaglianza formale e sostanziale sancito dall’art. 3 della Cost. ed anche nell’art. 15 dello Statuto dei Lavoratori (divieto di atti discriminatori). La novità è proprio quella di una discriminazione basata sui dati.

Come detto, la gestione automatizzata del lavoro comporta dei vantaggi, perché permette di gestire in maniera contestuale differenti posizioni lavorative, riesce a effettuare la selezione dei lavoratori in tempi nettamente più veloci in confronto alle selezioni che dovrebbero essere svolte da singoli individui e può essere anche più imparziale rispetto a quella svolta dalle persone, che nella valutazione del personale da assumere, per forza di cose, utilizzano anche degli elementi soggettivi, oltre a criteri assolutamente oggettivi.

Tuttavia il processo di valutazione basato esclusivamente su un giudizio automatico impedisce che un soggetto che si senta valutato erroneamente possa rappresentare le proprie ragioni di dissenso e proprio per questo, il Regolamento Generale sulla protezione dei dati, che è entrato in vigore nel 2018, individua come elemento qualificante della protezione europea in materia di trattamento dei dati personali, il diritto degli individui a non venire sottoposti in modo esclusivo ad una valutazione automatizzata e questo non soltanto in riferimento al contesto lavorativo.

 

Riferimenti bibliografici

  • Aneesh A. (2009) “Global Labor, Algocratic Modes of Organization”, Sociological Theory, 27(4), 347-370.
  • Topo A. (2018), ““Automatic management”, reputazione del lavoratore e tutela della riservatezza”, Lavoro&diritto, 32(3), 453-476.

 

Suggerimenti di lettura

  • Aloisi A. (2018), “The invention of the future. Does “platformisation” redefine the notion of the firm?”, Bocconi Legal Studies Research Paper Series, 2. Link
  • Ingrao A. (2018), Il controllo a distanza sui lavoratori e la nuova disciplina privacy: una lettura integrata, Bari, Cacucci.
  • Ratti L. (2016), Precarious Digital Work and the Role of Online Platforms – The Inefficacy of Traditional Tests and the Need for an Indirect Approach, ReMarkLab Final Conference - Stockholm, 19–20 maggio 2016.
  • Sitzia A. (2013), Il diritto alla “privatezza” nel rapporto di lavoro tra fonti comunitarie e nazionali, Padova, Cedam.
  • Smorto G. (2017), Critical assessment of the European Agenda for the collaborative economy, European Parliament, Directorate General for Internal Policies, Department A: Economic and Scientific Policy. Link
  • Tomassetti J. (2016), “Does Uber redefine the firm? The postindustrial corporation and advanced information technology”, Hofstra Labor and Employment Law Journal, 34(1), 1-78. Link
  • Treu T. (2018), “Trasformazioni del lavoro: sfide per i sistemi nazionali di diritto del lavoro e di sicurezza sociale”, WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT, 371, 3-15.
Silvia Donà
Silvia Donà è assegnista di ricerca in Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) e docente a contratto in diritto del lavoro presso la Sapienza, Università di Roma. Ha ottenuto il dottorato di ricerca in diritto del lavoro all'Università di Modena e Reggio Emilia. È stata relatrice a convegni e seminari, in ambito nazionale e internazionale. È autrice di numerose pubblicazioni di carattere scientifico, in lingua italiana e in lingua inglese, su riviste di Fascia A, opere collettanee e altre riviste scientifiche in materia di Diritto del lavoro e sindacale.

Progetto realizzato da

Fondazione Ermanno Gorrieri per gli studi sociali

Con il contributo di

Fondazione Cassa di Risparmio di Modena