Glossario

Il "Glossario delle disuguaglianze sociali" mira a realizzare una raccolta di voci specificamente dedicate alla problematica delle disuguaglianze economiche e sociali, nella prospettiva di uno strumento di conoscenza e di informazione di base, durevole e continuativo. Le voci presenti sul portale - curate da professori, ricercatori ed esperti sui temi di interesse del Glossario - rappresentano il solido inizio di un progetto sempre attivo e in continua espansione. Pertanto, se pensi che sia ancora assente nel Glossario qualche argomento di rilevo nello studio delle disuguaglianze sociali, non esitare a segnalarcelo (glossario@fondazionegorrieri.it).

Invecchiamento attivo

Scritto da: Celestina Valeria De Tommaso

Definizione

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’invecchiamento attivo come “il processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per migliorare la qualità della vita delle persone che invecchiano”. L’invecchiamento attivo adotta una visione inclusiva di salute in tarda età, capace di cogliere l’insieme dei fattori che - aldilà delle modalità di cura - sono in grado di influenzare positivamente il corso di vita della popolazione anziana (OMS, 2002). L’obiettivo è la prevenzione al deterioramento dello status di salute dell’anziano (attraverso, ad esempio, lo sviluppo di politiche e servizi che consentono all’individuo di scegliere, consapevolmente, un percorso di invecchiamento più incline alle proprie esigenze e motivazioni). I processi di invecchiamento attivo coinvolgono gli attori economico e sociali a tutti i livelli di governance, dal nazionale al locale, e possono rappresentare una risposta appropriata ad almeno altre due variabili intervenienti sul processo d’invecchiamento: la contrazione delle famiglie e l’aumento dei rischi epidemiologici. La difficoltà nel ritrovarsi soli è infatti esacerbata dalla probabilità di sperimentare malattie croniche e questo richiede una riflessione sistematica sulle modalità di assistenza e presa in carico, anche considerando il numero crescente di famiglie che dovrà prendersi cura di pazienti anziani e cronici (Maino e De Tommaso, 2021).

È attualmente disponibile un indice che misura l’invecchiamento attivo nei Paesi europei. L’Active ageing index (Aai) è una misura composita costituita da un indice generale e da indici specifici dei domini che lo compongono, nonché́ dai singoli indicatori che costituiscono ogni dominio. L’indice permette ai decisori pubblici di basare i loro interventi di politica sociale su dati quantitativi e comparabili degli indicatori di invecchiamento attivo per gli Stati membri dell’Ue, così da promuovere l’invecchiamento attivo e in buona salute per i loro cittadini (Istat, 2020). L'indice valuta in quale misura le persone anziane hanno e possono realizzare il loro potenziale nei diversi settori della loro vita: l’occupazione; la partecipazione sociale, una vita indipendente, sana e sicura. L’indice prende in considerazione quattro aree principali (occupazione, partecipazione nella società, vita indipendente, in salute e in sicurezza, capacità e fattori ambientali per l’invecchiamento attivo) e relative sotto-aree, dal tasso di occupazione sino al grado di istruzione e la partecipazione politica (Tabella 1). La popolazione target è rappresentata dalle persone anziane di 55 anni e più̀. L’invecchiamento è un processo che riguarda tutte le fasi della vita (il c.d. life course approach) e che necessita un cambiamento, appunto, nella definizione stessa di età̀ anziana.

 

Tabella 1. L’indice di invecchiamento attivo e le sue dimensioni

Fonte: Elaborazione dell’autrice su Istat (2020).

 

Il life-course approach è un concetto ormai diffuso nel ripensamento delle logiche di intervento a supporto della popolazione anziana. Infatti, guardando alla lunga fase che si apre con il pensionamento (o comunque dai 65 anni in avanti) è possibile individuare tre sottogruppi corrispondenti alle tre fasi della vecchiaia: gli anziani silver age (dai 65 ai 74 anni), gli anziani fragili (dai 75 agli 84 anni) e gli anziani a maggior rischio di non autosufficienza (dagli 85 anni in poi). Questi tre profili riflettono, idealmente, l’acuirsi dei bisogni e delle necessità con l’aumentare dell’età. All’invecchiamento segue infatti l’aumento del rischio di fragilità, delle condizioni di disabilità e di sedentarietà, il rischio di isolamento sociale e di depressione e, infine, aumenta la probabilità che l’anziano possa cadere e farsi male. Per questo, ai tre profili devono essere associati obiettivi, servizi e strumenti diversificati che meglio riflettono la differenziazione dei bisogni e delle risposte assistenziali (Maino e De Tommaso, 2021; 2022).

 

L’invecchiamento attivo in Italia

L’Italia si colloca al 17esimo posto nel ranking europeo che riporta i punteggi dell’Active ageing index. Nonostante l’Italia abbia registrato un progresso dal 2008 al 2018 - passando dal 30,2 al 33,8 - si tratta di uno dei Paesi che ha subito un peggioramento dei valori registrati dal 2012 al 2018. I Paesi dell’Europa del Nord si collocano ai primi posti della classifica: tra il 2008 e il 2018 Svezia, Danimarca e Paesi Bassi si confermano nelle prime tre posizioni. Nella parte alta della graduatoria si posizionano, oltre i 40 punti, anche Regno Unito e Finlandia, e poco distanti Germania e Irlanda. Tuttavia la Svezia rispetto al resto dei Paesi del Nord Europa si distingue per un valore complessivo superiore di oltre quattro punti e mezzo rispetto alla Danimarca o ai Paesi Bassi. Pur riuscendo ad ottenere buoni risultati, nessuno dei Paesi che guidano la graduatoria supera i 50 punti. Tutti i Paesi presentano margini ancora ampi per conseguire ulteriori miglioramenti in tema di invecchiamento attivo. Il gap di genere è un elemento importante. Nella distribuzione per genere, sia per gli uomini sia per le donne, i Paesi situati agli estremi sono gli stessi, la Grecia e la Svezia, ma il differenziale tra il primo e l’ultimo paese è più elevato tra le donne (20,4 punti contro 18,3 punti per i maschi). La Tabella 2 riporta i dati appena presentati.

 

Tabella 2. Punteggio totale dell’Active ageing index nei Paesi europei. Anni 2008, 2012 e 2018 (in % e differenze in punti percentuali)

Fonte: Istat (2020:40).

 

La disaggregazione per domini ci consente di osservare che alcuni di essi - ad esempio, il tasso di occupazione - incide fortemente sul valore finale dell’indice. L’Italia con 17,3 punti occupa il valore mediano (il valore è di 17,9 punti nella media Ue28). In realtà̀ la posizione dell’Italia, nonostante i punteggi relativamente alti dei due indicatori riferiti al lavoro di cura di bambini e anziani non conviventi, risulta ancora molto distante da quella degli Stati che guidano la graduatoria. Tale risultato dipende dai punteggi bassi riscontrati nell’attività̀ di volontariato, che fatica ad affermarsi in una società sempre più orientata verso logiche individualiste e dalla scarsa partecipazione politica. Il gruppo di Paesi che si posiziona verso la metà della graduatoria è composto da numerosi Paesi con valori simili all’Italia, del Nord e del Centro Europa (quali il Regno Unito, la Danimarca, la Germania e l’Austria, ma anche Paesi dell’Est europeo come la Lettonia, la Slovacchia, la Slovenia, la Croazia). I Paesi con i punteggi inferiori a 13 punti sono Portogallo, Grecia, Ungheria, Lituania, e ultima la Bulgaria, con il valore più̀ basso (9,7 punti). Un elemento di comparazione interessante riguarda, inoltre, il divario di genere. Aldilà del divario occupazionale e del c.d. “gender pay gap”, nel 2018 la partecipazione alla vita politica è l’unico dominio in cui il divario di genere è favorevole alle donne con più di 55 anni. I domini relativi a vita indipendente, sana, sicura e capacità di invecchiare attivamente appaiono invece quelli con i divari minori. L’Italia si trova tra i Paesi in coda alla classifica dove il gender gap è più̀ elevato.

Guardando più nel dettaglio i valori delle Regioni italiane, si nota come i risultati dell’Aai conseguiti dalle regioni risentono ovviamente delle disparità territoriali nel diverso livello di sviluppo economico, che condiziona la vita materiale e il livello di povertà̀, gli investimenti nelle infrastrutture, le politiche pubbliche di welfare (accesso all’assistenza sanitaria, prestazioni sociali e servizi rivolti ai poveri, agli anziani, ecc.) (Figura 1). La provincia autonoma di Bolzano si attesta al primo posto e quella di Trento al secondo. Seguono, a poca distanza dalla testa della graduatoria, l’Emilia Romagna, la Toscana, il Friuli-Venezia Giulia, la Liguria, le Marche e la Lombardia. Un gruppo consistente di regioni ottiene punteggi immediatamente poco sopra o poco sotto la media in Italia (33,6 punti). Si trovano nella parte opposta dello spettro Puglia, Sicilia e Campania, con un potenziale non sfruttato chiaramente molto elevato rispetto all’invecchiamento attivo (superiore al 70 per cento del punteggio ottenibile) a suggerire la necessità di avviare maggiori interventi di policy. L’Abruzzo è l’unica regione dell’Italia meridionale ad avere conseguito nel 2018 un punteggio vicino al dato medio nazionale, posizionandosi accanto a Piemonte e Veneto.

 

Figura 1. Indice di invecchiamento attivo nelle Regioni italiane. Anno 2018

Fonte: Istat (2020:48).

 

Guardando all’attuale quadro normativo, la legislazione italiana non fornisce nessuna definizione complessiva di persona/popolazione anziana e nemmeno di invecchiamento attivo o di forza lavoro matura, lasciando al legislatore nazionale o regionale il compito di determinare, settore per settore, le soglie anagrafiche rilevanti, ove necessario nel rispetto della regolamentazione comunitaria. Le politiche nazionali rivolte all’invecchiamento attivo sono ancora residuali. Tuttavia, nel 2019 attraverso il progetto di “Coordinamento nazionale partecipato multilivello delle politiche sull’invecchiamento attivo”, avviato grazie a un Accordo di collaborazione triennale (2019-2022) fra il Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri (DIPOFAM) e l’Istituto Nazionale di Riposo e Cura per Anziani (IRCCS INRCA), è stato possibile compiere alcuni passi in avanti. Il progetto ha visto anche la partecipazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) che hanno collaborato all’iniziativa, in relazione al loro ruolo di focal point nazionale dell’UNECE.

Il progetto si è posto l’obiettivo di promuovere e consolidare un coordinamento nazionale per favorire una maggiore consapevolezza dell’invecchiamento attivo in Italia, tramite il coinvolgimento diretto degli attori in gioco (decisori pubblici, società civile, comunità scientifica) e il miglioramento della conoscenza del fenomeno dell’invecchiamento attivo e delle politiche a suo sostegno. Queste attività hanno coinvolto più di 90 stakeholder nazionali, regionali e locali, compresi i referenti dei vari Ministeri e Dipartimenti, delle Amministrazioni regionali e delle Province Autonome, oltre a un’ampia rappresentanza della società civile e del Terzo settore. La centralità di promuovere politiche nel campo dell’invecchiamento attivo è che i benefici sperimentati a livello individuale si ripercuotono come esternalità positive anche sulla società nel suo complesso. Ad esempio, grazie alle ricadute derivanti dal prolungamento dell’attività delle persone anziane esercitata in diversi campi (mercato del lavoro, volontariato, cura di minori), e alla riduzione della spesa per servizi sociosanitari per le loro migliori condizioni di salute (Inapp, 2022).

Sul piano locale, invece, sono ormai numerose le esperienze virtuose nell’ambito. Infatti, secondo i criteri di riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni (ex art. 117 della Costituzione) il tema dell'invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni, per i profili differenti che lo caratterizzano e i vari elementi di analisi dello stesso, rientra in diverse materie della potestà legislativa statale e regionale (esclusiva e concorrente) determinando, a volte, criticità nell'esercizio delle effettive competenze. In ordine cronologico, le prime istituzioni che hanno manifestato attenzione verso le iniziative rivolte alla terza età, sono la Provincia Autonoma di Trento, con Legge 25 luglio 2008, n. 11, e la Regione Veneto, con Legge 22 gennaio 2010, avendo entrambe approvato provvedimenti specificatamente dedicati all’istituzione del “servizio di volontariato civile per le persone anziane”. Altro intervento regionale del tenore di quello ligure è rappresentato dalla Legge 27 settembre 2012, n. 14, della Regione Umbria, con la quale il legislatore intende valorizzare le esperienze formative, cognitive, professionali e umane accumulate dalle persone ultrasessantacinquenni nel corso della vita e il loro patrimonio di relazioni personali. La Regione Puglia, invece, ha approvato con Delibera di Giunta Regionale del 14 dicembre 2012, n. 2804, la “Carta regionale per un invecchiamento attivo, vitale e dignitoso in una società solidale”, nella quale si sanciscono il principio di non discriminazione e la lotta agli stereotipi connessi all’età e viene previsto un adeguato accesso ai servizi e alle cure da parte degli anziani. È, altresì̀, incoraggiata ogni forma di coinvolgimento e partecipazione degli stessi alla vita sociale, culturale ed economica, favorendo le occasioni di confronto con i giovani (Inapp, 2022).

La capacità (e la sfida) del welfare - locale, regionale e nazionale - risiede nell’abilità di generare degli scambi virtuosi tra il settore sanitario e socio-assistenziale, tra le diverse fasce d’età degli anziani, e tra gli anziani e le altre generazioni. In un sistema di welfare in cui i costi degli oneri di cura ricadono prevalentemente sulla famiglia, la sfida per il nostro welfare state è intervenire in almeno tre direzioni: il superamento della frammentazione delle misure e degli interventi territoriali (e fornire pacchetti unitari di risposte coerenti); il rafforzamento dei servizi territoriali e domiciliari professionali (superare la logica assistenziale, oggi prevalente, fondata sull’aiuto informale prestato dai familiari e/o dai/dalle badanti); la sburocratizzazione dei processi e la semplificazione delle procedure (mettere in campo interventi e servizi flessibili in grado di rispondere a bisogni in continua evoluzione lungo il ciclo di vita). In questo processo, si ritiene sia fondamentale il ruolo del secondo welfare, in integrazione e affiancamento agli interventi del Pubblico, per sostenere l'ampliamento, la diffusione e l’erogazione di servizi a supporto dell'invecchiamento attivo.

Il tema dell’invecchiamento attivo è divenuto rilevante durante la pandemia da Covid-19, a causa dell’incremento di situazioni di solitudine e povertà relazionale degli anziani. Molte di queste situazioni, oltre a non essere note ai servizi sociali territoriali, hanno mostrato di essere al di fuori delle logiche di attivazione della comunità stessa. Tuttavia, negli ultimi anni si è registrato un fiorire di iniziative che appaiono promettenti per individuare - anche in un’ottica di scalabilità e replicabilità - strumenti e misure capaci di rispondere alle esigenze di innovazione e sostenibilità. Ad esempio, quelle che puntano alla prevenzione del rischio grazie a una tempestiva identificazione e presa in carico dei soggetti fragili, tentando di allargare il perimetro del care dalla singola famiglia o dal “triangolo anziano-badante-famiglia” alla più ampia comunità territoriale di riferimento (Maino e De Tommaso, 2021). Più recentemente, un ulteriore sviluppo del tema riguarda il suo inserimento nello schema di Disegno di Legge Delega in materia di non autosufficienza. Il DDL Delega prevede infatti una sezione dedicata, esplicitamente, all’invecchiamento attivo e alle logiche di intervento per sostenerlo.

 

Riferimenti bibliografici

  • Inapp (2022), Rapporto per l’Italia sul quarto ciclo di monitoraggio e valutazione dell’attuazione del piano di azione internazionale di Madrid sull’invecchiamento e la sua strategia regionale (MIPAA/RIS), 2018-2022, Roma, Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche.
  • Istat (2020), Invecchiamento attivo e condizioni di vita degli anziani in Italia, Roma, Istat.
  • Longo F. e F. Maino (2021), Platform welfare. Nuove logiche per innovare i servizi locali, Milano, Egea.
  • Maino F. e C.V. De Tommaso (2021), “Gli anziani fragili”, in F. Longo e F. Maino (a cura di), Platform welfare. Nuove logiche per innovare i servizi locali, 5-8, Milano, Egea.
  • Maino F. e C.V. De Tommaso (2022), “Gli anziani fragili al centro: spezzare il cerchio tra invecchiamento, solitudine e fragilità”, Lavoro Sociale, 2, 5-9.
  • OMS - Organizzazione Mondiale della Sanità (2002), Active Ageing: A Policy Framework, Ginevra,  Organizzazione Mondiale della Sanità.

 

Suggerimenti di lettura

  • Cappellari L., Lucifora C. e A. Rosina (2018, a cura di), Invecchiamento attivo, mercato del lavoro e benessere, Bologna, Il Mulino.
  • Lucantoni D. e A. Principi (2022), “Politiche per l’invecchiamento attivo in Italia: sviluppi recenti e prospettive future”, I Luoghi della Cura, 13 maggio 2022.
  • O’Neill D. e H. McGee (2007), “Oldest old are not just passive recipients of care”, British Medical Journal, 334(7595), 334-651.
Celestina Valeria De Tommaso
Celestina Valeria De Tommaso è attualmente dottoranda in Political Studies presso il NASP Graduate School dell’Università degli Studi di Milano con un progetto sulle politiche di non autosufficienza in Italia. Da settembre 2021 collabora con il Laboratorio Percorsi di Secondo Welfare, dove si occupa di progetti concernenti i temi dell’innovazione sociale nei sistemi di welfare locale, il contrasto alla povertà e le politiche per la non autosufficienza.

Progetto realizzato da

Fondazione Ermanno Gorrieri per gli studi sociali

Con il contributo di

Fondazione Cassa di Risparmio di Modena