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Scale di equivalenza

Scritto da: Alessandra Masi

 

Definizione

Il benessere di ogni individuo ha come importante punto di riferimento la famiglia, in quanto è nel suo ambito che vengono messe in comune le risorse economico-finanziarie e prese le decisioni riguardo la loro destinazione, determinando così l’effettivo standard di vita dei propri componenti. Nell’analisi della disuguaglianza, soprattutto economica, la famiglia rappresenta quindi sia l’unità di riferimento per la rilevazione delle informazioni, sia l’unità principale di analisi.

Una delle implicazioni legate all’uso della famiglia come unità di analisi è che essa varia in ampiezza e composizione e che tali differenze implicano bisogni differenti. Per esempio, a parità di altre condizioni, lo stesso ammontare di reddito disponibile (o di consumo) determina standard di vita diversi per famiglie con un differente numero di componenti. Confrontare i livelli di benessere di due famiglie in base ai rispettivi redditi (o consumi) complessivi non è quindi corretto.

Per tener conto dell’ampiezza familiare, ci si potrebbe ricondurre a una dimensione individuale facendo riferimento al reddito (o consumo) familiare pro-capite, ottenuto dividendo il reddito (o consumo) familiare complessivo per il numero dei componenti. Questa soluzione tuttavia non tiene conto del fatto che il contributo dei singoli membri ai bisogni complessivi della famiglia varia notevolmente in ragione delle caratteristiche socio-demografiche - prima fra tutte l’età - e che vivere insieme comporta non trascurabili economie di scala. Per alcuni beni e servizi il consumo da parte di un qualsiasi membro della famiglia non ne riduce necessariamente la disponibilità per un altro membro. Ne sono un esempio l’alloggio, almeno fino a un certo limite, così come i beni durevoli, quali televisori o persino biciclette e automobili, che possono essere condivise da diversi membri della famiglia nello stesso momento o in momenti diversi. Il costo da sostenere per avere lo stesso livello di utilità non aumenta quindi in maniera direttamente proporzionale al numero di persone presenti in famiglia e le misure pro-capite tendono a sottostimare il benessere delle famiglie più ampie rispetto a quello delle famiglie più piccole.

Le scale di equivalenza sono lo strumento per calcolare l’ammontare di risorse di cui due differenti nuclei familiari hanno necessità per raggiungere lo stesso standard di vita, tenendo conto delle diversità nei bisogni e delle economie di scala (De Santis, 1996). Similmente alle parità del potere d’acquisto, che permettono di rendere confrontabili i livelli di consumo di famiglie che vivono in aree con un diverso costo della vita, le scale di equivalenza sono lo strumento utilizzato per rendere comparabili le risorse di famiglie con diversa composizione.

 

Come si costruisce una scala

Formalmente una scala di equivalenza può essere così espressa:

dove:

Ak - vettore di attributi socioeconomici corrispondenti alla k-esima tipologia familiare;

Ar - vettore degli stessi attributi riferiti alla tipologia familiare di riferimento;

u - livello di utilità fissato;

c(.) - funzione di costo.

 

Il valore di c(u, Ak) indica il costo che deve sostenere una famiglia di riferimento k per ottenere un livello di utilità u in rapporto al costo che deve sostenere la famiglia di riferimento per ottenere la stessa utilità (Brandolini, 2001).

Se per semplicità supponiamo che e(Ak) dipenda solo dal numero di componenti e dalla loro età (adulti/bambini) e se prendiamo come riferimento la famiglia composta da un solo adulto, allora e(Ak) rappresenta il numero di “adulti equivalenti” della famiglia di tipo k. Se si considera il reddito familiare, la famiglia A risulta più benestante della famiglia B, mentre in base al reddito pro-capite la situazione si rovescia.

Tra le molte scale di equivalenza presenti in letteratura, si consideri la scala OECD modificata. Tale scala assegna peso 1 al primo adulto della famiglia, 0,5 ad ogni adulto aggiuntivo e 0,3 ad ogni componente minore di 14 anni. La famiglia A risulta avere un coefficiente pari a 2,1 (=1+0,5+0.3+0,3), che rappresenta il numero degli “adulti equivalenti”; in altre parole, secondo questa scala, i bisogni della famiglia A sono 2,1 volte superiori a quelli di un adulto singolo. Analogamente, il numero equivalente di componenti della famiglia B risulta 1,5 (=1+0,5). Ne deriva che il reddito equivalente della famiglia A è pari a €14.286 (=30.000/2,1) e quello della famiglia B a €13.333 (=20.000/1,5). Lo standard di vita della famiglia A risulta quindi superiore a quello della famiglia B (Tabella 1).

 

Tabella 1. Esempio di calcolo del reddito familiare equivalente con scala OECD modificata

  Famiglia A Famiglia B
Composizione 2 genitori, 2 figli di 13 e 7 anni coppia di adulti
Reddito familiare annuo 30.000 € 20.000 €
Reddito pro-capite 7.500 € 10.000 €
Reddito equivalente (scala OECD modificata) 14.286 € 13.333 €

 

Nel tempo si è sviluppata un’intensa attività di ricerca sulla definizione delle scale di equivalenza, nonostante nessuno standard condiviso sia ancora emerso; esiste infatti una vasta gamma di scale di equivalenza in uso in paesi e organizzazioni differenti. Si passa da stime basate su approcci econometrici (Gardes e Starzec, 2017) a scale di equivalenza cosiddette soggettive (Bishop et al., 2014) che utilizzano la valutazione della famiglia stessa riguardo la quantità di risorse necessarie per raggiungere o mantenere un determinato tenore di vita. Molto spazio hanno trovato le scale basate su approcci pragmatici o parametrici, definite in base a criteri di plausibilità, convenienza analitica e facilità di calcolo (OECD, 2017). Ne sono esempi la già citata scala modificata dell’OECD e le scale - estensione dell’approccio proposto da Buhmann et al. (1988) - che definiscono il numero di adulti equivalenti attraverso la seguente formula: 

AE = (A + α * K)θ

dove A è il numero di adulti nella famiglia e K è il numero di bambini. Il parametro θ, variabile tra 0 e 1, rappresenta il costo di un bambino rispetto a quello di un adulto e il valore θ misura l'estensione delle economie di scala. Se entrambi i parametri sono pari a 1, si è in assenza di economie di scala (il valore equivalente coincide con il pro-capite), valori via via inferiori riproducono possibili ipotesi sui costi dei bambini e sulle economie di scala. In tale gruppo vi rientra anche la scala, diffusa in alcuni Paesi OECD, che pone α =1 e α =0,5 o, in altre parole, la scala data dalla radice quadrata del numero dei componenti.

In letteratura si trovano anche esempi di scale di equivalenza che considerano ulteriori fattori oltre all’ampiezza e all’età dei componenti, come ad esempio la condizione lavorativa, l’area di residenza o lo stile di vita. Tuttavia, la complessità che deriva da un simile approccio ha fatto sì che, soprattutto nella statistica ufficiale, sia stato privilegiato l’uso di scale di equivalenza semplici, sostanzialmente arbitrarie, seppur coerenti con la ricerca quantitativa, che presentano il vantaggio di essere trasparenti anche rispetto alle ipotesi fatte nel processo di equivalenza.

Va infine sottolineato come, nonostante le stime equivalenti siano la misura più appropriata per confrontare i livelli di benessere economico, le conclusioni possono risentire molto della specifica scala di equivalenza utilizzata. Ad esempio, il reddito equivalente medio è più elevato se si utilizza la scala data dalla radice quadrata del numero dei componenti rispetto alla scala OECD modificata, come si evince dalla Figura 1. Talvolta, seppur abbastanza di rado, scale di equivalenza diverse possono addirittura condurre a conclusioni opposte.

 

Figura 1. Reddito equivalente medio annuo (in €) e individui a basso reddito (%) per scala di equivalenza. Anni 1987-2016

Fonte: Banca d’Italia - Indagine sui bilanci delle famiglie italiane.

 

Le scale di equivalenza in Italia

In Italia, le scale di equivalenza con carattere di ufficialità sono:

  • Scala di equivalenza OECD modificata, della quale si è già parlato, che viene utilizzata per l’analisi dei redditi sia di fonte Indagine EU-SILC dell’Istat, sia di fonte Indagine sui Bilanci di Famiglia della Banca d’Italia. Oltre all’ampiezza familiare, tiene conto dell’età dei componenti, distinguendo i membri con meno di 14 anni dagli altri. Assegna peso 1 al primo adulto della famiglia, 0,5 ad ogni adulto aggiuntivo e 0,3 ad ogni componente minore di 14 anni.
  • Scala di equivalenza “Carbonaro”, utilizzata per l’analisi della povertà relativa. È stata stimata sui dati dell’Indagine Istat sui Consumi delle Famiglie o HBS (anni 1981-1983), tramite una funzione doppio logaritmica tra spesa e ampiezza della famiglia, e si basa – traendo origine dalla proposta di Engel nella seconda metà del XIX secolo - sull’ipotesi che famiglie diverse abbiano lo stesso livello di benessere se la quota di spesa alimentare sulla spesa totale è la stessa (Carbonaro, 1985). La scala tiene conto esclusivamente dell’ampiezza familiare: assegna peso 1 alle famiglie di un componente, 1,67 a quelle di due, 2,22 a quelle di tre, 2,72 a quelle di quattro, 3,17 a quelle di cinque, 3,6 a quelle di sei e 4 a quelle di sette o più componenti.
  • Scala di equivalenza utilizzata per il calcolo dell’ISEE, che ha un utilizzo amministrativo essendo impiegata per stabilire il diritto all’accesso ad alcuni prestazioni. Oltre al numero dei componenti, tiene conto della presenza di componenti disabili o non autosufficienti, dell’età dei figli e della condizione lavorativa del genitore.

La scala dell’OECD modificata presuppone un maggiore effetto delle economie di scala rispetto alla scala Carbonaro, i coefficienti della prima sono, infatti, inferiori a quelli della seconda per qualsiasi dimensione familiare; ciò implica che, a parità di reddito (o consumo) familiare totale, si ottiene un reddito (o consumo) equivalente più elevato. Ad esempio, la spesa media mensile equivalente, considerando come riferimento la famiglia di 1 componente, sui dati HBS 2014, è pari a €1604,61 se si utilizza la scala OECD modificata ed è pari a €1476,88 se si utilizza la scala Carbonaro. Parallelamente, come si evince dalla Figura 2, si modifica anche la disuguaglianza nella distribuzione: da 0,303 (scala OECD modificata) si passa a 0,311 (scala Carbonaro).

L’incidenza di povertà relativa tra gli individui si attesta al 12,9% se si utilizza la scala Carbonaro e scende all’8,6% se si utilizza la OECD modificata (Figura 2); anche i profili di povertà si modificano leggermente e la composizione delle famiglie povere, con la scala OECD modificata, registra una maggiore presenza di single e famiglie con membri aggregati e una minore presenza di famiglie con figli.

 

Figura 2. Incidenza di povertà relativa tra gli individui (%) e indice di Gini sulla spesa equivalente per scala di equivalenza. Anni 2005-2013

Fonte: Istat - Indagine sui consumi delle famiglie.

 

In generale, nello scegliere la scala di equivalenza è quindi importante essere consapevoli del suo potenziale effetto sul livello di disuguaglianza, sulla dimensione della popolazione povera e sulla sua composizione. Le analisi di sensibilità, inoltre, suggeriscono che mentre il livello e la composizione della povertà sono influenzati dall'uso di diverse scale di equivalenza, la dinamica e i confronti tra Paesi lo sono molto meno (Dagum e Ferrari, 2004).

 

Riferimenti bibliografici

  • Bishop J. A., A. Grodner, H. Liu e I. Ahamdanech-Zarco (2014), “Subjective poverty equivalence scales for euro zone countries”, Journal of Economic Inequality, 12(2), 265-278.
  • Brandolini A. (2001), “Disuguaglianza e povertà”, in B. Luchino (a cura di), Manuale di economia del lavoro, cap. XVIII, Bologna, Il Mulino.
  • Buhmann B., L. Rainwater, G. Schmaus e T. M. Smeeding (1988), “Equivalence Scales, Well-Being, Inequality, and Poverty: Sensitivity Estimates across Ten Countries Using the Luxembourg Income Study (LIS) Database”, Review of Income and Wealth, 34(2), 115-142.
  • Carbonaro G. (1985), “Nota sulle scale di equivalenza”, in Commissione di indagine sulla povertà e sull’emarginazione (a cura di), Primo rapporto sulla povertà in Italia, 153-159. Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.
  • Dagum C. e G. Ferrari (2004, a cura di), Household Behaviour, Equivalence Scales, Welfare and Poverty, Heidelberg, Physica-Verlag.
  • De Santis G. (1996), La misura della povertà in Italia. Scale di equivalenza e aspetti demografici, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.
  • Gardes F. e C. Starzec (2017), “A Restatement of Equivalence Scales Using Time and Monetary Expenditures Combined with Individual Prices”, Review of Income and Wealth, online version.
  • OECD (2017), What are equivalence scales?, OECD Project on Income distribution and Poverty.

 

Suggerimenti di lettura

  • Balli F. e S. Tiezzi (2010), “Equivalence scales, the cost of children and household consumption patterns in Italy”, Review of Economics of the Household, 8(4), 527-549.
  • Banks J., R. Blundell e I. Preston (1994), “Life-cycle expenditure allocations and the consumption costs of children”, European Economic Review, 38, 1391-1410.
  • Betti G. (1999), “Quadratic Engel curves and household equivalence scales: the Case of Italy 1985-1994”, Statistics Research Report LSERR50.
  • Blundell R. e A. Lewbel (1991), “The information content of equivalence scales”, Journal of Econometrics, 50, 49-68.
  • De Vos K. e M. A. Zaidi (1997), “Equivalence Scale Sensitivity of Poverty Statistics for the Member States of the European Community”, Review of Income and Wealth, 43(3), 319-333.
  • Martin H. (2017), “Calculating the standard of living of a household: one or several equivalence scales?”, Economie et Statistique / Economics and Statistics, 491-492, 93-108.
  • UNECE (2011), Canberra Group Handbook on Household Income statistics: Second edition, Ginevra, United Nations Economic Commission for Europe.
Alessandra Masi
Alessandra Masi è ricercatrice presso l’Istat, si è laureata in Scienze Statistiche e Demografiche all'Università Sapienza di Roma. Ha partecipato a conferenze e seminari ed è stata membro di gruppi di lavoro nazionali e internazionali. È autrice di numerose pubblicazioni scientifiche in ambito socio-economico, con particolare riferimento alle condizioni di povertà, disagio economico, esclusione sociale.

Progetto realizzato da

Fondazione Ermanno Gorrieri per gli studi sociali

Con il contributo di

Fondazione Cassa di Risparmio di Modena